Tappa Dodici - da Trivento a Montefalcone nel Sannio


23 agosto 2015 

Il primo tratto è una discesa asfaltata, le due cose che odiamo di più, ma c’è Ester con noi. E Santina ci ha preparato la cioccolata calda per colazione e, nello zaino, succo al mirtillo e panini molisani DOC. È una sensazione piacevole quella di non doversi curare della strada, qualche volta, anche se ciò non ci mette al riparo dalla routine quotidiana e, per qualche minuto, sconfiniamo in Abruzzo. Ma poi torniamo volentieri sui nostri passi. 
Il percorso è un po’ noioso, è bello essere in tre. Ester si racconta, si parla di sport, di esperienze che ti segnano, di come le paure si possano superare con semplicità e istinto. Siamo in sintonia sull’idea di una vita in movimento e di quanto questo sia salvezza dalla quotidianità. 
Arriviamo al santuario della Madonna di Canneto durante la messa. È un buon posto dove tirare fiato; ci ristoriamo insieme a Pis III, nuovo compagno di strada a quattro zampe, il più stremato di tutti che si addormenta all’ombra. Il tempo passa veloce e, quando guardiamo l’orologio, è il momento di andare. 
Torniamo sulla statale e qui salutiamo la nostra compagna di strada, ma è una di quelle facce che siamo sicure di rincontrare, nessuna tristezza. Prendiamo il sentiero, una salita che ci asciuga le parole in bocca, tra gli ulivi. Quelli sono i momenti del male minore in cui non si sentono più le vesciche pulsare sotto i piedi, la schiena rotta, il caldo, ma c’è solo la strada. E ci sei tu. 

Si unisce alla carovana anche Nigga, un bastardino che reppa in cagnesco; insieme a lui, un senso di responsabilità nei confronti di questi piccoletti che ci aspettano agli incroci e si voltano a guardarci quando non ci vedono arrivare, come figli quando mamma e papà si fanno stanchi e curvi. E succede lo stesso quando, arrivati al paese, saliamo in macchina di Gigino che ci ospita per il pranzo: li salutiamo con gli occhi senza avere il tempo di accorgerci che le nostre strade si dividono qui. È domenica, ci aspetta un buon pranzo, in famiglia. Ed è proprio così che ci sentiamo in questa regione d’adozione che non smette di darci meraviglia. Parliamo anche di questo con Gigino, uno di quegli uomini che hanno a cuore la cosa pubblica, uno di quelli che ancora spera. Poi saliamo in centro, dove si sta svolgendo la ruzzola, gara di lancio di formaggi di capra, lungo le vie del borghetto. “È dal 1985 che non si faceva”, ci raccontano e noi ne siamo ammaliate: ci sembra di essere in un altro luogo e in un altro tempo o forse in un luogo dove il tempo si è fermato e basta davvero poco per divertirsi e stare insieme.


Ci spingiamo fin sopra alla montagna, alle spalle del paese, passando per la pineta. Per la prima volta vediamo il mare. E, per la prima volta dall’inizio di questo viaggio, conosciamo la meta, ma è una sensazione d’ogni giorno, come quando si riguarda Forrest Gump e si aspetta con trepidazione che lui smetta di correre. 
Ora abbiamo una missione, una direzione chiara. Ci sentiamo un po’ meno vagabonde e un po’ più vedette. Dopo aver raccontato qualcosa di noi a Montefalcone che ci ascolta con quello stupore che ormai distinguiamo chiaro, ce ne andiamo a dormire perché ora il mare è un posto dove arrivare.

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