Tappa Due - da Isernia a Castelpetroso

11 agosto 2015

È un inizio difficile, un film con un incipit di un'ora che però descrive un tutto. Un allevatore e sua moglie ci danno indicazioni: a quanto sembra, ci siamo già perse prima di cominciare. Il cartello dice tratturo, in realtà è una pineta. Nessun segno sulla strada, ci affidiamo alle nostre cartine, ma qui sembra funzionare solo la fiducia negli abitanti e nel tratturo stesso. Alla fine la strada si trova, il modo si trova, e camminiamo su sentieri dai profumi più diversi. E non è facile - affatto facile - descrivere senza essere didattici, scientifici. Non è facile quando non si conoscono le parole, quelle giuste. 

Ci sorprende una pioggia battente, ma noi procediamo. Un passo dopo l'altro nel fango, nel bosco, tra i rovi fitti, poi la ricompensa: il santuario di Castelpetroso si offre allo sguardo, nel suo azzurro che buca il verde e le nubi dense. Davanti alla sagrestia ci togliamo scarpe, impermeabile, zaino, ci togliamo via di dosso tutti quei discorsi che la strada riscalda, accende e fa cuocere. C'è spazio solo per il silenzio, anche fra noi due che di parole ce ne gettiamo addosso tante. 

Francesco si avvicina con le mani in tasca, ha gli occhi chiari ma non me ne accorgo subito. Sono gentili, quegli occhi. Ci offre un caffè e ci porta a Castelpetroso, paese dai mille paesini apparecchiati sulla parete rocciosa, alle spalle del santuario. Castelpetroso, quello vero, è uno di quei draghi di pietra addormentati. Francesco ce la racconta da innamorato.


C'è la casa di donna Rosa, tempio di feste per quelli mai sazi de La grande bellezza di inizio secolo; il presepe, nascosto come questa regione: tutti sanno dov'è ma servono chiavi per entrare e bisogna chiederle ai custodi, a chi appartiene a questo luogo, a chi resta; la casa dove Sergio Leone ha immaginato i suoi migliori film lasciandosi ispirare dal paesaggio. Sono tutte storie per le quali vale la pena restare. 

Conosciamo poi Jesus e Marleen, archeologi che da Leiden si arroccano qui per due mesi all'anno assieme a un gruppo di studenti ventenni, che la vita se la bevono in birra Moretti. Siamo loro ospiti e questa parentesi europea è un paio di calzini spaiati che finiscono per essere indossati insieme. Archeologia: un altro motivo per restare, sentirsi sanniti, appartenere. Non mi sento etrusca, normanna o longobarda. Non mi sento di nessun luogo e questo a volte pesa, complica le cose, o le semplifica. 

Mangiamo tutti insieme mentre un arcobaleno taglia in due il cielo.

Video del giorno: